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Come farlo studiare?

Come farlo studiare?

Con la primavera si avvicina a grandi passi anche la fine della scuola, momento spesso critico poichè soggetto alle necessarie  valutazioni dell’andamento scolastico.

Spesso lo stress e l’ansia dei genitori con un figlio “che non ha voglia di studiare” aumentano esponenzialmente in questo periodo dell’anno.

Arriva  allora in nostro aiuto la dott.ssa Marzia Sellini non solo con una riflessione interessante non solo perchè apre un punto di vista diverso, ma soprattutto perchè offre la possibilità di trovare la chiave per sbloccare la situazione.

Come farlo studiare?

Consideriamo oggi un problema piuttosto diffuso, quello del ragazzo che non studia.

Vediamo di mettere bene a fuoco la scena considerandola nella sua complessità.

Come si costruisce questo problema?

Il problema del ragazzo che non studia è un fatto relazionale, ovvero per poter dire “quel ragazzo non studia” o “mio figlio non sta studiando” occorre che qualcuno, il genitore, assuma la posizione dell’osservatore e registri il fatto che il ragazzo non sta facendo quel che dovrebbe fare, ovvero studiare.

Anche il ragazzo può dire a se stesso, nel suo dialogo interiore: “Devo studiare e non sto studiando”.

Tuttavia consideriamo in questo breve articolo solo il primo caso, quello del genitore che attesta la cosa.

Che farà a questo punto il genitore attento e premuroso che ha accertato che il figlio non studia?

Inizierà a mettere in atto tutte quelle soluzioni finalizzate a farlo studiare.

Quelle più spesso adottate sono:

a) controllare che il figlio studi. Questa indicazione viene passata in modo frequente anche dai professori: “Signora lo controlli di più!” , “Verifichi che faccia i compiti” etc.;

b) invitarlo a studiare con domande retoriche tipo: “Che hai da fare oggi?”, “Devi studiare?”, “Hai già fatto i compiti?”

c) spronarlo a studiare “Non è forse giunta l’ora che ti metti a studiare?” “Adesso è il caso che tu studi”

d) comandare di studiare: “Vai a studiare!” , “Studia!”, “Applicati!”, “Impegnati” “Sforzati!”

Se il genitore non verifica nel ragazzo alcun segno di cambiamento e la questione va avanti per lungo tempo, il problema si consolida divenendo identitario.

Vediamo alcuni passaggi ricorrenti

Si generalizza il singolo episodio e lo si ritiene una condizione stabile: “non studi mai!” “sei sempre lo stesso!” “tu sei fatto cosi!” Si ipotizza che nel ragazzo manchi qualcosa, la cosidetta “VOGLIA”.

Si attribuiscono giudizi di valore alla persona, in forma verbale e non verbale, si comunica al ragazzo: “sei uno sfaticato”, “sei un pigro”, “sei uno svogliato” .

Il ragazzo si convince di essere uno a cui manca la voglia di studiare.

Solo una breve parentesi, oggi sappiamo che negli esseri umani non manca nulla, non manca la volontà negli esseri umani (Marco Vinicio Masoni). Il discorso che invita a credere che nei soggetti umani manchi qualcosa, che chiamiamo volontà è un discorso comune di lunga data ma che non trova corrispondenza con quel che accade in realtà.

Proviamo ora a metterci nei panni del ragazzo, come intepreterà queste comunicazioni?

Le domande retoriche poste in buona fede dal genitore, soprattutto quanto più spesso ripetute con la stessa formulazione o con tono indagatorio, suscitano nel ragazzo sentimenti di sfiducia. Si percepisce come uno che non sa quel che deve fare e che non lo farà. In alcuni casi può dubitare di avere delle capacità o la forza per agire in modo autonomo.

Che fare dunque?

Un primo suggerimento semplice da passare ai genitori che tendono a dare molta importanza alla scuola e ai risultati scolastici, per favorire il benessere nella relazione con il figlio e cominciare ad incrinare il problema dello studio, è quello di mostrare al figlio adolescente meno attenzioni rispetto alla scuola, per esempio bypassando l’interrogatorio quotidiano. In tal modo il ragazzo potrà credere che l’andar bene a scuola è un suo volere.

Un secondo suggerimento, per quei ragazzi particolarmente demotivati, che appaiono fermi, bloccati con lo studio, apatici, poco interessati alla scuola, in dubbio se lasciarla o meno, ragazzi che le ordinarie classificazioni diagnostiche eticheterebbero come “depressi” .. è quello di iscriversi e partecipare al corso “Studiare bene senza averne voglia”.

Di che si tratta?

Si tratta di un corso di rimotivazione scolastica, ideato più di ventanni fa dal dott. Marco Vinicio Masoni, realizzato ad oggi con ormai più di 30000 ragazzi in tutt’Italia, da me condotto in alcuni istituti superiori della nostra città e privatamente (solo quest’anno ho incontrato all’incirca duecento ragazzi).

Il corso di quattro ore, mediante una lezione sdrammatizzante il concetto di volontà ed alcuni giochi, si prefigge l’obiettivo di motivare quei ragazzi che vorrebbero riuscire ad andare bene scuola ma che giustificano il loro non andar bene con la mancanza di voglia di studiare. Il corso offre ai ragazzi la possibilità di fare scoperte in merito a quanto dimenticato della propria soggettività.

Riporto qui sotto un paio di commenti lasciati da alcuni corsisti al termine degli incontri:

“La partecipazione al corso “Studiare bene senza averne voglia è stata un’esperienza molto particolare e piacevole. Non ti insegna un metodo di studio o cose simili, ma ti aiuta a capire quali sono i motivi per cui si fa fatica a studiare. Spero che questi due appuntamenti si rivelino efficaci nel tempo, per il momento io mi sento più consapevole di ciò che devo fare e di quali sono i miei obiettivi. Le due lezioni non sono risultate per nulla pesanti e/o impegnative. Consiglio la frequentazione a questo corso a tutti quegli studenti che vorrebbero migliorare la propria situazione scolastica, ma non sono ancora riusciti a farlo.” M.

“Quello che ho percepito dal corso è che non è la voglia a mancarmi ma, tutto è dovuto al fatto che una parte di me sia convinta che perderei il tempo da dedicare a ciò che mi piace. Questo progetto mi ha fatto capire che senza grandi sacrifici si possono raggiungere degli ottimi risultati. Lo studio non è mio nemico e non mi farà rinunciare al tempo per me stessa, anzi, probabilmente studiando con determinazione e senza distrazioni otterrei voti migliori a scuola e ciò mi renderebbe più felice e in questo modo potrei divertirmi anche di più.” F.


Ringrazio per questo interessante approfondimento e stimolo alla riflessione:
dott.ssa Mariza Sellini
Psicologa e psicoterapeuta
telefono 338 458 16 05
mail: marziasellini@gmail.com

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Spesso lo stress e l’ansia dei genitori con un figlio “che non ha voglia di studiare” aumentano esponenzialmente in questo periodo dell’anno.

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Vediamo di mettere bene a fuoco la scena considerandola nella sua complessità.

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Il problema del ragazzo che non studia è un fatto relazionale, ovvero per poter dire “quel ragazzo non studia” o “mio figlio non sta studiando” occorre che qualcuno, il genitore, assuma la posizione dell’osservatore e registri il fatto che il ragazzo non sta facendo quel che dovrebbe fare, ovvero studiare.

Anche il ragazzo può dire a se stesso, nel suo dialogo interiore: “Devo studiare e non sto studiando”.

Tuttavia consideriamo in questo breve articolo solo il primo caso, quello del genitore che attesta la cosa.

Che farà a questo punto il genitore attento e premuroso che ha accertato che il figlio non studia?

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Quelle più spesso adottate sono:

a) controllare che il figlio studi. Questa indicazione viene passata in modo frequente anche dai professori: “Signora lo controlli di più!” , “Verifichi che faccia i compiti” etc.;

b) invitarlo a studiare con domande retoriche tipo: “Che hai da fare oggi?”, “Devi studiare?”, “Hai già fatto i compiti?”

c) spronarlo a studiare “Non è forse giunta l’ora che ti metti a studiare?” “Adesso è il caso che tu studi”

d) comandare di studiare: “Vai a studiare!” , “Studia!”, “Applicati!”, “Impegnati” “Sforzati!”

Se il genitore non verifica nel ragazzo alcun segno di cambiamento e la questione va avanti per lungo tempo, il problema si consolida divenendo identitario.

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Si generalizza il singolo episodio e lo si ritiene una condizione stabile: “non studi mai!” “sei sempre lo stesso!” “tu sei fatto cosi!” Si ipotizza che nel ragazzo manchi qualcosa, la cosidetta “VOGLIA”.

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“Quello che ho percepito dal corso è che non è la voglia a mancarmi ma, tutto è dovuto al fatto che una parte di me sia convinta che perderei il tempo da dedicare a ciò che mi piace. Questo progetto mi ha fatto capire che senza grandi sacrifici si possono raggiungere degli ottimi risultati. Lo studio non è mio nemico e non mi farà rinunciare al tempo per me stessa, anzi, probabilmente studiando con determinazione e senza distrazioni otterrei voti migliori a scuola e ciò mi renderebbe più felice e in questo modo potrei divertirmi anche di più.” F.


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